Presente già nella seconda metà del Cinquecento lo stile “compendiario”, cosiddetto poiché riassuntivo e sommario nel tracciare le raffigurazioni, sembra prevalere nella produzione derutese solo nel Seicento. Ed è proprio il protrarsi dei canoni pittorici rinascimentali che privilegiavano le soluzioni formali, bidimensionali, lo studio anatomico e la ridondanza decorativa, che pare il maggiore ostacolo nell’affermarsi della approssimativa descrizione delle figure che il tratto abile deciso del pittore del “compendiario” proponeva.

Al contrario, le forme si complicano con baccellature, rilievi plastici, orli sinuosi, in particolare nelle crespine, nelle alzate e nelle saliere, nelle acquasantiere e nei calamai che contraddistinguono la produzione dell’epoca.
Se anche più tardi, comunque, la maniera compendiaria caratterizzò la fiorente produzione del periodo esplicandosi in tre principali tipologie: i “bianchi”, analoghi a quelli prodotti, più precocemente, a Faenza; le “raffaellesche” cioè motivi ispirati alle grottesche della scuola di Raffaello e che trova precedenti nella produzione urbinate e durantina, ma che a Deruta si associa sovente a raffigurazioni di tipo allegorico o celebrativo; il “calligrafico”, infine, le cui decorazioni, in monocromia blu o arancio, consistono di un fitto intreccio di fogliame con inserti paesaggistici, scene di caccia, raffigurazioni zoomorfe, probabilmente derivate dalle porcellane cinesi con la mediazione delle imitazioni islamiche nordafricane e che trova analogia con la coeva produzione ligure.

Sopravvive poi, in questo periodo, una versione popolare e singolare del genere istoriato reinterpretato in versione compendiaria nella produzione di targhe di culto e votive, di cui straordinario esempio sono le oltre seicento mattonelle votive conservate nella chiesa della Madonna dei Bagni a Casalina di Deruta e che rivelano, in particolare, l’attività nella seconda metà del Seicento del Maestro dei “profili camusi”, un ceramista così denominato per la particolarità stilistica da Fiocco e Gherardi (1988) che ne hanno anche suggerito l’identificazione con il derutese Stefano Pozzi.

Di poco successiva è l’attività di un altro Maestro, detto “del Reggimento”, anch’esso individuato da Fiocco e Gherardi grazie ad un’attenta comparazione stilistica di diverse opere e che lo rivelano un autore originale che predilige soggetti allegorici e mitologici


Tutti i testi quì riportati sono a cura di Giulio Busti e Franco Cocchi tratti dal CD Multimediale del Museo di Deruta

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